IL DANCEFILM DI STEFANO MAZZOTTA
È da segnalare la proiezione del film di Stefano Mazzotta, I poveri (tratto dal romanzo Os Pobres del portoghese Raul Brandāu). Opera di grande maturità estetica, il cui interesse non sta tanto nei temi interrogati (che probabilmente si ritrovano tutti nel parallelo scenico Elegìe delle cose perdute di Zerogrammi), ma per alcune scelte formali per niente scontate: l’insistenza sull’inquadratura fissa, composta solo di stacchi, e con pochissimi movimenti di macchina. Tutto sembra bloccato, anche la danza che documenta. Più che un’elegia su ciò che è perduto sembra potersi cogliere in questi corpi muti il silenzio delle cose presenti: una “fiumana di miseri” costretta a un esilio morale (non per forza geografico) e dal tempo (che esige narrazione). Mazzotta spiega che il tempo fermo dei personaggi ripete la dimensione fotografica della natura dei ricordi: ed è un modo di trattenere, in fondo, ciò che appare rétro, mentre è soltanto in ritardo.
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