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Lo sguardo critico di Francesca Pedroni su ELEGìA DELLE COSE PERDUTE



"Elegia delle cose perdute", mediometraggio di Stefano Mazzotta in co-regia con Massimo Gasole, visto in anteprima al festival Oriente Occidente di Rovereto.

(...) IL TEMPO DEL FILM scorre portato avanti da un montaggio (di Gasole) guidato dalla danza, immagini in cui è il corpo, con i suoi sguardi, i quadri di famiglia, le corse collettive nei campi, il rumore del movimento nell’ambiente (suono di Emanuele Pusceddu) a consegnarsi un viaggio nelle sfaccettature emotive della nostalgia. Le inquadrature alternano così quadri legati agli interni, con donne appoggiate agli stipiti delle porte o dormienti di fronte a una radio che suona, o con il poeta matto Gabirù seduto sulla cornice di una finestra o il dolce ragazzo travestito che su una sedia guarda l’orizzonte, al respiro di quell’orizzonte stesso che è mare, campagna ripresa dall’alto, spazi aperti che fanno pensare a qualcosa di possibile oltre il passato. Il cielo, il sole, la luna, le case all’imbrunire, i piedi inquadrati mentre passano sempre davanti alle stesse porte, la donna che piange (la brava Amina Amici), le danze collettive animano dall’interno un paesaggio filmico pieno di bellezza quanto lontano da estetismi di maniera: un montaggio figlio del corpo narrante. (...)




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